La storia dell'aceto nel medioevo e oltre

Nel Medioevo

Nel Medioevo l’arte di preparare l’aceto si affina e compare l’Agresto, un aceto preparato a partire dall’uva ancora acerba che, con il proprio sapore fresco e acidulo, rimedia al grasso eccessivo dei condimenti. A Orléans, nel 1394, la neonata Corporazione dei fabbricanti d’aceto impone ai propri membri il più stretto segreto sui metodi della lavorazione, pena l’espulsione. Ciò contribuirà a rendere famosi gli aceti di Orléans che daranno vita a una vera e propria industria, fiorente nei secoli. Nel 1580 la città e i sobborghi contano trentatrè acetai, e ciò anche perché i vini locali – leggeri, fruttati e poco acidi – si prestavano come pochi alla trasformazione in aceto. Orléans, inoltre, era favorita da una posizione geograficha che ne faceva l’ultimo porto navigabile sulla Loira per le mercanzie che provenivano dall’Ovest. Ed essendo la navigazione molto lenta per i battelli che risalivano il fiume, ritardata spesso dalla piena dell’acqua che si faceva attendere, i vini arrivavano in porto stremati, pronti dunque per l’aceteria che raggiungevano mescolandosi ai vini locali con accorti dosaggi.

L’aceto e la peste

Nel Trecento la peste nera attraversa tutta l’Europa uccidendo un individuo su tre e, fino al 1670, non c’è anno in cui, circoscritto o diffuso, non si accenda un focolaio di questo flagello. Ma nell’aceto come profilattico si ripone grande fiducia e nel 1720, anno dell’ultima grande epidemia dell’Europa occidentale, gli abitanti di Marsiglia si difendono dall’aria che “genera febbri” tenendo in mano una spugna imbevuta d’aceto che viene inalata di continuo e, da parte dei medici, “attaccata al naso” senza respirare mai con la bocca e senza inghiottire saliva. Ai dottori si accompagna un infermiere che porta un catino d’aceto dove il medico ripetutamente immerge le mani prima di tastare il malato. Poi, quando la peste rallenta, si lavano con aceto i muri delle case che l’hanno ospitata.

L’aceto dei 4 ladroni

Una benda inzuppata d’aceto fascia la fronte dei monatti di manzoniana memoria che trasportano agonizzanti e morti senza che ciò impedisca, peraltro, di sfuggire al contagio. Ma quattro di loro (qualcuno dice sette), durante la peste di Marsiglia del 1720, riescono a “lavorare” e a rubare e saccheggiare impunemente perché immunizzati da abluzioni e gargarismi a base di un aceto aromatico la cui composizione è ignota a loro stessi in quanto ciascuno porta un ingrediente che è sconosciuto agli altri. Condannati a morte per saccheggio e rapina, i quattro hanno salva la vita grazie a questo aceto che da allora ha preso il nome di aceto dei quattro ladroni. Oggi una studiosa francese, Misette Godard, ha provato a ricostruire l’aceto dei quattro ladroni sulla base della ricetta originale conservata a Marsiglia, una ricetta che prevede l’impiego di molte erbe, chiodi di garofano, canfora e assenzio, il tutto da unire a tre pinte di aceto.